Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano/Scritti del secolo XVIII
1832
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Edission original: |
Bartolommeo Gamba, Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano, compilata ed illustrata da Bartolommeo Gamba, giuntevi alcune odi di Orazio tradotte da Pietro Bussolin, Venezia, dalla tipografia di Alvisopoli, 1832 |
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Può questa nostra illustre terra italiana andare fastosa di que' suoi non pochi scrittori che valsero a mantenere in celebrità il decimottavo Secolo; e se vogliam confinarci all'arte de' Ritmi, a quella della Drammatica ed a quella della Eloquenza, potremo ricordare pur anche il nome di Autori veneziani che lasciarono tali scritti dettati nel soave loro dialetto da rendersene cara e fruttuosa la lettura sino presso gli estranei.
È gran peccato che siasi rivoltolato sempre fra le più stomacose lascivie un Giorgio Baffo, cui non mancano le doti di valente ed inspirato poeta. Il Ditirambo El vin Friularo di Andrea Pastò può mettersi in gara col Bacco in Toscana del Redi. Tra' poeti bisbetici, acri e satìrici vuolsi dar plauso ad Angelo Maria Barbaro, e ad Angelo Maria Labia. Lavori d'attica legiadrìa furono alcune Canzonette di Marc'Antonio Zorzi e i Cavei de Nina di Giacomo Mazzolà, senza nominare qui le Poesìe d'un Gritti e d'un Lamberti, de' quali scrittori si farà menzione nel secolo susseguente. Opera di lunga lena e di merito non comune fu la versione fatta dal veneziano Giuseppe Pichi dell'acclamato Poema intitolato Bertoldo, Bertoldino e Cacasseno, che si pubblicò in Bologna, l'anno 1736; e non meno lo fu la capricciosa versione di Francesco Boaretti della Iliade di Omero, versione in cui volle l'Autore adottato quel vernacolo che piacere potesse tanto nella dominante quanto nelle città adiacenti, con avvertire ch'egli ebbe in veduta di dare all'opera sua quel tal carattere di prima natura che bene si attaglia al principe de' Poeti.
Sogliono avere anche i Dialetti nazionali i particolari loro linguaggi, altro usandosene tra la gente culta, altro tra 'l volgo, nè va senza merito chi internandosi sino ne' tugurii e ne' camperecci bovili vale ad apprestare al minuto popolo quel pascolo che ad un tempo diverte e mira alla correzione de' costumi; perciò non vuolsi lasciare in dimenticanza il nome di Giovanni Pozzobon, detto lo Schieson Trevisan, che ebbe poi ed ha anche oggidì imitatori.
Nell'arte drammatica basta ricordare il nome di Carlo Goldoni perchè si risvegli ne' Veneziani la compiacenza d'aver essi dato all'Italia tale pittore della natura che venne coll'universale consenso acclamato Principe della Commedia Italiana. A lui dobbiamo particolarmente la soddisfazione di vedere accarezzato il nostro dialetto in ogni altra contrada. Carlo Gozzi, antagonista del Goldoni, per tenere popolosi i teatri colle sue Fiabe, non le lasciò quasi mai digiune di un personaggio esprimente i sali e i frizzi del vernacolo veneziano. Si troveranno eziandio da me registrate alcune altre poche Composizioni drammatiche che non appartenendo ad autori della fama di un Goldoni e di un Gozzi non si meritavano per questo di restare in assoluta dimenticanza.
Mi resta a dire degli eloquenti Aringhi ne' Magistratì, che tanta fama procacciarono a questa Capitale della veneziana Repubblica. Ricorderò a suo luogo i pochi frammenti che ci rimangono a stampa di Orazioni estemporanee dette da' patrizj in quelle assemblee; e se conservato si fosse buon numero delle dispute di un Foscarini, di un Marcello, di un Zen, di un Contarini, di un Foscari e di altri non pochi, si vedrebbe che potean eglino talvolta aspirare alla rinomanza de' Pericli e de' Tullii. Nè saprei staccarmi da questo argomento senza qui riportare, siccome a saggio di eloquenza nobile, coraggiosa ed inspirata da circostanza impreveduta, un solo tratto narratomi dal rispettabile mio amico Prof. Angelo Zendrini. Alvise Emo, fratello di Angelo Emo, ultimo e celebre Ammiraglio della Repubblica, era uomo di alto sentire e di tenace proposito, ma ad un tempo di austero se non cinico aspetto. Trattavasi l'anno 1762 nel Maggior Consiglio di Venezia se si dovesse conservare nella Repubblica il Tribunale degl'Inquisitori di Stato, in difesa del quale egli salito era in bigoncia. Con una parrucca mezzo rabbaruffata che non ti parea punto disgiunta da un gran pajo di sopracciglia folte e rilevate, avrebbe forse potuto movere al riso; e già mentre con franco e libero ardire e' si accigneva a parlare, ecco un generale bisbiglio ed uno scalpicìo continuato che vengono ad assalirlo, nè gli lasciano mover parola. Egli non s'agita, imperterrito non muta luogo, che anzi fisa sdegnoso gli occhi sulla popolosa turba de' suoi concittadini, la quale, vergognando quasi, si ricompone a silenzio. Come può scorgere sì indecente commozione calmata, prorompe l'Emo in queste parole: A mi xe indiferente el parlar o el descender de sta bigonza; ma ben me maravegio de ele, che nel zorno che le xè qua chiamae per stabilir i fondamenti de la libertà de la patria, le vogia fiscar la facoltà de parlar a un citadin che no cerca onori, che no cura le lodi, che disprezza i biasimi, e che passegia sora tute ste inezie.
Anche nella eloquenza estemporanea del Foro avvocati furono in Venezia da non temere il conflitto di chi che siasi. Ebbero fama un Contarini, uno Steffani per impeto e ragionata deduzione degli argomenti, un Santonini per evidenza di dimostrazione, un Cordellina per robustezza di disegno, per colorito pittoresco e per arte di declamazione. Sul merito di questi valentuomìni voglion essere letti e considerati i giudizj d'un Sibiliato, d'un Cesarotti; e chi più distesa istruzione bramasse ricorra al Saggio sopra Thomas di Marco Piazza, alle Operette varie pubblicate da Giuseppe Fossati, alla bella Allocuzione da Girolamo Trevisan pronunziata in Venezia nel novembre 1811 quand'era Regio Procurator Generale presso la Corte di Appello. Intorno a Tommaso Gallino molto scrisse, ma non ancora pubblicò, l'egregio Pietro Biagi, Avvocato che tuttavia abbella il veneto foro. Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/148 scritti da un Canonico di Milano don Giuseppe Candido Agudio, il quale in un Capitolo della stessa Raccolta annuncia che:
In versi veneziani la mia parte
Ho già fatta per quel caro animale,
Cui per gran pregio di natura e d'arte
Non fu, non è, non sarà mai l'eguale ec.
Uno di questi Sonetti merita d'essere qui riportato, e tanto più volentieri quanto che per colpa dello stampatore milanese era in bisogno di qualche tenue emendazione.
Chi no pianze sto gramo Gatesin
Ch'el giera sì spassoso e amoroseto,
Del nostro Balestrier zogia e dileto,
4Bisogna ch'el sia un can, ladro, sassin.
Seben morto anca mo su quel tolin
El par ch'el diga: Caro Menegheto
Làssete dar un baso, o bocoleto,
8E far una carezza col zampin.
Varda, Morte crudel, cossa ti ha fato!
No ghe giera altri da schizzarghe el naso
11Se no sto galantomo de sto Gato?
Ma stassela qua tuta; gh'è de pì.
El so Paron, pensando al fatal caso,
14Xe deventà pì mato assae de mi.
Pochi anni dopo che si è pubblicata la suddetta Raccolta di Lagrime in morte d'un Gatto, venne quella di Lagrime in Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/150 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/151 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/152 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/153 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/154 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/155 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/156 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/157 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/158 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/159 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/160 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/161 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/162 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/163 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/164 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/165 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/166 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/167 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/168 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/169 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/170 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/171 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/172 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/173 Pagina:Serie degli scritti impressi in dialetto veneziano.djvu/174
- Testi in cui xe cità Giorgio Baffo
- Testi in cui xe cità el testo El Vin Friularo
- Testi in cui xe cità Lodovico Pastò
- Testi in cui xe cità Angelo Maria Barbaro
- Testi in cui xe cità Angelo Maria Labia
- Testi in cui xe cità Marcantonio Zorzi
- Testi in cui xe cità el testo I cavei de Nina
- Testi in cui xe cità Gian Giacomo Mazzolà
- Testi in cui xe cità Francesco Gritti
- Testi in cui xe cità Anton Maria Lamberti
- Testi in cui xe cità Iseppo Pichi
- Testi in cui xe cità Francesco Boaretti
- Testi in cui xe cità el testo Omero in Lombardia
- Testi in cui xe cità Giovanni Pozzobon
- Testi in cui xe cità Carlo Goldoni
- Testi in cui xe cità Giuseppe Candido Agudio