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Giacinto (1817)

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Qualità del testo: sto testo el xe conpleto, ma el gà ancora da vegner rileto.
Giacinto
XVIII secolo

 Edission original:   

Collezione delle migliori opere scritte in dialetto veneziano, Volume secondo: Poesie di Antonio Lamberti, a cura de Bartolommeo Gamba, Venezia, al negozio di libri all'Apollo, dalla Tipografia di Alvisopoli, 1817

 Fonte:

Indice:Collezione delle migliori opere scritte in dialetto veneziano 2.djvu

Edission e fonte ▼
Altra edizion: Giacinto (1845)
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GIACINTO


Zorni sereni, e un'aria tepideta
     Da grati furianèi solo agitada,
     Avea invidà Giacinto a le delizie,
     Che semplice Natura in le campagne
     5Liberal ne presenta; e gera alora
     Che l'ua, color de l'oro, a graspi a graspi
     Xe tacada ale vide. Un solitario
     Ma grazioso Casin d'una colina
     Su la falda piantà, gera el tranquilo
     10Logo che l'avea scielto. Da una parte
     Nasceva un fiumesèlo, che tra l'erba
     E tra i fiori del pra quieto coreva;
     Da st'altra, ma in lontan, s'alzava un bosco,
     E ghe rideva una pianura imensa
     15Proprio in fazza al Casin. Se al far de l'alba
     L'averziva el balcon; se su la sera
     El vedeva tornar carga de pomi
     O d'ua la vilanela, o se in t'un gropo

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     Atorno una polenta quei vilani
     20L'osservava a magnar, in lu el sentiva
     Cresserse el cuor. Oh dio! ma no bastava
     A scancelar la tropo fissa imagine
     De la bela crudel, che a un altro amante,
     Dopo l'amor più svisserà, più caro,
     25S'aveva abandonà. Piaghe xe quele
     Che no sana cussì. Ben pensieroso
     Spesso l'andava in solitaria parte
     A sfogar el dolor che lo investiva,
     E una note fra l'altre, che più bela
     30No avea visto quei loghi, in mezzo al bosco
     El s'aveva inoltrà. Nel ciel la Luna
     Cussì chiara luseva, che d'arzento
     Pareva i coli, e le campagne atorno
     E l'aria odori e balsami spirava;
     35De quele note insoma che ad ogn'altro,
     For che a amante tradìo, xe un Paradiso.
     Pur su l'erba sentà, fra quele piante,
     Cussì disendo, iluderse el tentava:
               Erbe odorose e morbide,
          40Aria che sventolar
          Te piase e sussurar
          Tra fogia e fogia;
               Ragi che introdusendove
          Tramezzo i rami andè,
          45E tra l'ombre lassè,
          Sto dolce lume;

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               Oh! qual piacer patetico
          Fe' che se svegia in mi!
          Come che radolcì
          50Del cuor l'afano!
               Nè questi xe incantesimi,
          Come xe quei d'amor,
          Che tra i fiori el dolor
          Sconde e le pene.
               55Nè per belezza istabile
          Sento el piacer in seu
          Per sofrir del velen
          Dopo le angosse.
               Tropo anca mi una perfida,
          60Credulo tropo, ò amà,
          E go sacrificà
          Tut'i mii afeti;
               Ma alfin del mio delirio
          Trionfando la rason,
          65De l'indegna ilusion
          Fa che me penta,
               E che desmentegandome
          De quel ingrato cuor,
          Bosco, nel vostro oror
          70Trovi la calma.
In un dolce sopor dopo sto sfogo
     Quela calma pareva ch'el godesse
     Ch'el voleva trovar. Quando una vose
     Che ghe passava el cuor, lo svegia; el vede

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     75Un ogeto confuso che fra i alberi
     Gera come butà, che un ragio debole
     De luna, che fra i rami trapassava,
     Ghe permeteva de scovrirlo apena;
     Mestamente cussì l'ose diseva:
               80Ombre, me par che st'anema
          Trovi nel vostro oror
          Pascolo a quel dolor
          Che la consuma;
               Vu fe' che lusingandone
          85Sta vita terminar,
          Senta nel mio penar
          Qualche conforto.

               Qual vose, oh Dio! me lacera
          (Giacinto esclama) el cuor?
          90Qual novo abitator
          Ghe xe in sti orori?
               Un Dio che me perseguita,
          Un Dio certo infernal
          Per colmo d'ogni mal
          95Giulia me afazza.
               Spetro, che a mi teribile
          Più che le furie ti è,
          Ch'el più crudel no gh'è,
          Torna a l'Inferno;
               100Desfantite, destruzite,
          Va via, lassime star...
          Mi no posso scampar,

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          No gò più forza...
               El pianto, oh Dio! le smanie
          105Anca ti fa sentir,
          Megera, a incrudelir
          El mio tormento?
               Perfida, quele lagreme
          Xe quele che ò sgorga,
          110Da quele vien bagnà
          Quel peto indegno!
               Sangue crudel, no lagreme,
          Sangue l'à da bagnar,
          Lu solo à da lavar
          115El to delito...
               Ma m'insonio? o xe i gemiti
          Questi d'uno che mor?...
          Tropo debole cuor,
          Mente, dov'estu?
               120Cessi l'ingano... ahi misero...
          Carne giazzada!... oime!...
          Giulia istessa la xe,
          Giulia che manca...
               Torna, no xe implacabile
          125Sto cuor, cara revien;
          Torna, torna a sto sen,
          Tuto perdono.
               Ti respiri? Vardandome
          So quel che ti vol dir...
          130Tasi, no voi sentir

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     Scuse o perdoni...
          Ma pur dime, el più tenero
     Amante abandonar
     Per cossa? e in brazzo andar
     135D'un novo amante?
          Amor?... ti è dona, e debole?...
     Ti t'à pentio in quel dì...
     E per cercarme mi
     Ti à trova morte?...
          140Tasi, ste scuse, incauta
     Rinova el mio furor,
     Vardite da un amor
     Indispetìo.
          Amor? caprizio, perfida
     145Dona... no, tigre ti è.
     A cercarme ti xe?...
     Scampa o te amazzo...
          Un stilo? Ah sì ne l'Erebo
     Va co le ingrate a star...
     150Mazzite pur... No far...
     Dame quel stilo.
          Sto cuor, Giulia, lo merita...
     E la to crudeltà. —
     — No ti è ancora placà
     155Cuor de masegno?
          No te comove i gemiti,
     L'orida situazion,
     L'ingenua confession

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     D'una moriente...
          160No ti è mai sta colpevole,
     Ti à bu propizio el ciel?
     Ma dime esser crudel
     No xe una colpa?
          Scorda, se ti ga un'anima,
     165Tiran l'infedeltà,
     Per ti la s'à scorda
     D' esser virtuosa.
          — Mi primo lusingandote
     T'ò insegna per amor
     170A tradir el to cuor
     Mancar de fede.
          O Giulia, o Giulia amabile,
     Perdona a mi; mio ben
     Vien fra sti brazzi, al sen
     175Vien che te strenza.
          No vedo più, assicurite,
     Ch'el mio ben: leva su;
     Cara, no vedo più
     Che le to lagreme.
          180No vedo che quei laveri
     Dove che Amor un dì
     Zogatolava, e mi
     Co lu rideva.
          Lassime benchè languidi...
     185Mo via no pianzer più,
     No regni fra de nu

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          Che l'alegrezza.
               Me vustu ben?... rispondime...
          Sì... ma cossa?... infedel?
          190O infedel, o fedel
          Ancuo ti me ami.
               Questo me preme, vissere,
          El resto l'ò scordà;
          Dame la man, vien qua,
          195Vien che te porta.
               No ti ga forza? pusite
          Donca, al colo la man
          Passa, no xe lontan
          Dove che andemo.
200Cussì el pietoso amante a lenti passi,
     Squasi portando Giulia, che languente
     Se andava consolando, a la colina
     Dove gera el Casin el l'à condota.
     Là el l'à vista a sanar; là l'à savesto
     205Che pentia per cercarlo in mezzo al bosco,
     Persa la strada, dal dolor, da fame,
     E da stanchezza mezza morta, l'ultimo
     L'aspetava dei dì. Là in fin Giacinto
     El ga visto a tornar le rose in fazza,
     210El ciel nei ochi, Amor sui lavri, e in mezzo
     Dei più dolci trasporti amante e amata
     À passà in quel Casin zorni beati.

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