Amor materno nel dialetto veneziano/Prefazione
Edission original: |
Cesare Musatti, Amor materno nel dialetto veneziano, Venezia, Tipografia Dell'Ancora, 1886 |
Fonte: |
← Dedica | Edission e fonte ▼ | Amor materno nel dialetto veneziano → |
Quanto efficace e pittoresco e abbondante il dialetto nostro nel significare gli affetti, specie il materno! Come varie e originali quelle invocazioni delle popolane a' lor figlioletti, e che geniale dizionario veneziano di tenerezza materna se ne trarrebbe, quando tutte le potessimo scavare queste gemme preziose della inesauribile miniera!
Io, sempre in mezzo a bambini per ragion di professione, potei ammassarne parecchie; ed ora, eccole qua nella loro genuina purezza, ossia quali venni, e son le più, apprendendo direttamente dalla bocca delle madri medesime.
Che se alcuno brontolasse: Tempo sprecato!...; ebbene, sì, tempo sprecato (risponderei), qualora tu ponga mente soltanto all'imperizia del raccoglitore in siffatto genere di studi. Ma pronuncierà poi giudizio consimile chi voglia riflettere, che ad altri pratico ed esperto della materia (come il Pasqualigo, il Dal Medico, il Bernoni, il Tigri, il Ferraro, il Finamore, il Righi, a non citare que' colossi del D'Ancona, del Pitrè, dell'Imbriani, del Salomone-Marino, del Comparetti) inspirarono queste pur tanto ridevoli collezioni, lavori de' più sostanziosi e fecondi per la lingua di originali e preziosissimi acquisti? Non mi sembra in verità; chè, via, lo sanno oramai anche i fanciulli come possano inoltre tai cianciafruscole, a chi ci abbia intendimento, dischiudere addirittura un vero tesoro di luce intorno ai costumi d'un paese, alle sue origini, ai pregiudizi e financo alle sue credenze e tira via.
Molte di queste invocazioni si riferiscono ad uno o ad altro de' caratteri fisici che più risalta nel bambino; molte alle sue naturali funzioni, al suo temperamento, alle sue tendenze. Quando lo sentirai chiamare co' nomi di persone e di cose le più sante e rispettabili, quando con quelli delle più comuni e triviali; e tu chiudici un occhio, pudica lettrice, e perdonami se non ho saputo resistere alla voglia di riportarne alcune delle meno illecite e insieme più in uso: talvolta ti colpiranno argute similitudini, pescate in tutti e tre i regni della natura e nel quarto se ci avesse, tal'altra dolci e cari vezzeggiativi, in cui leggi chiaro e lampante come senta il popolo nostro; e a qual'altra fonte vorresti tu attingere tal sentimento, che fosse più naturale, più vera, più spontanea di quella che scaturisce dall'amore di madre?
Certamente le donnicciuole nostre ignorano affatto affatto Platone e Aristotele, Spencer e Bain, Hegel e Fichte (beate loro!), Leopardi e Schopenhauer (più ancora beate!); eppure in questo documento della popolare sapienza troverai filosofia del pari e di quella sana per giunta, che non ti scombuia la mente nè t'indurisce il cuore. Certamente le popolane nostre non conoscono un verso solo di Dante o di Petrarca, di Giusti o di Carducci; e però quanto preferibile la poesia delle loro passionate e non di rado grasse volgarità alle anemiche e sensuali sciatterie de' troppi versaioli moderni!
Ma ad esse senz'altro la parola: la ho loro fin qui usurpata anche troppo. Mi si conceda soltanto di riprenderla a fin di pagina ogni qualvolta stimi necessario illustrare qualche motto o (ancora più) chiarire ai non veneziani e quindi mal pratici del dialetto nostro, il senso d'uno o d'altro vocabolo.