vesse ricondurre all’esausta Città una corrente di traffici sviata da secoli. Illusioni molte e non pochi errori, perchè le accidie forzate o deliberate della servitù non avevano consentito all’esperienza di maturare, perchè alla Venezia senilmente aristocratica, morta settant'anni prima, non era peranco succeduta una Venezia giovanilmente borghese. Errori nell’ordine pratico; ma nell’ordine intellettuale gli anni che tennero dietro al 1866 furono genialmente fecondi, perchè gli entusiasmi, le illusioni medesime valsero a formare un'atmosfera luminosa e calda in cui sbocciarono i germi delle cose belle. — Risuscitare le più nobili tradizioni cittadine, ma ampliandole, rammodernandole, disposandole a concetti nuovi, fu il sogno di allora; sogno che fallì spesso nelle prove della vita, ma che era destinato a vittoria in quelle dell’arte.
Venezia morente aveva avuto un meraviglioso teatro. Perchè non doveva averlo Venezia rinata? E perchè i giovani non venivano a lui, che avrebbe saputo comprenderli e incoraggiarli? — Questo chiedeva a sè e diceva agli amici Angelo Moro-Lin, il nobiluomo veneto decaduto, che da segretario e suggeritore nella Compagnia piemontese del Toselli, s’era fatto fondatore e capo di una nuova Compagnia veneziana, la quale andava recitando dinanzi alle affollate platee i capolavori del Goldoni e i lavori pie-