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scrisse; e ciò di suo proprio pugno. Meriterebbero pubblica luce altresì molti suoi componimenti satirici dettati nella lingua del Lazio.

Compì Angelo Maria Labia la sua mortale carriera nel dì 7 di settembre 1775 in età di 66 anni.

Nella raccolta delle poesie veneziane, fatta a cura del ch. Gamba, furono pubblicate per la prima volta queste del Lamberti. Chiunque ama le amene fantasie di Anacreonte, i vivi sali di Esopo, le tenere pitture di Mosco e di Teocrito; e chiunque ha vaghezza di vedere al vivo dipinti e costumi, e passioni, e caratteri, e la più amabile giovialità, avrà di che soddisfarsi colla lettura delle inimitabili canzonette, degli apologhi, e degl'idillj, delle stagioni cittadinesche e campestri. L'autore si è occupato in opere di maggior polso, che se fossero tolte all'oscurità nella quale si trovano, arricchirebbero di sempre nuovi e preziosi tesori il veneziano dialetto, così nato fatto per l'armonia da meritarsi il sorriso più puro delle Grazie sotto il cielo italiano. Morì in Belluno nel 23 settembre 1832.

Luigi Antonio Martignon nacque in Treviso nel giorno 15 Aprile 1791, e cessò ivi di vivere nel 4 gennaro 1857. Fu il primo di cinque fratelli. Ebbe educazione nel collegio del fu can. Cricco in Fossalunga; di là passò in quello di Castelfranco, e da ultimo nel patrio seminario sino all'anno 1809, alla qual'epoca il padre di lui volle iniziarlo negli affari, e quindi dovette egli interrompere i propri studi.

Mancatogli però il genitore nel 1813, e volte in male le faccende familiari, si occupò a vicenda negli impieghi municipali, e nelle speculazioni librarie, e fu ultimamente cancellista presso la regia finanza in Treviso.

Era il Martignon di svegliatissimo ingegno, tendente piuttosto alla satira, ma la semente gettata in buon terreno diede qualch'ottimo frutto. Si intendeva discretamente di belle lettere, delle scienze naturali alcun poco, ed alla interrotta educazione supplì colla lettura, sebbene non sempre scelta, nè determinata. Il suo genio per la poesia nel dialetto nostro tardi gli si svegliò, nulla meno molto scrisse, ed in varie occasioni stampò, ma una gran parte dei suoi dettati rimase inedita, che meriterebbero d'essere pubblicati.

Gian Giacomo Mazzolà, padovano, fu medico di professione, e terminò in patria i suoi giorni nel 1804. Sappiamo che in lode della treccia di Nina aveva dettati nulla manco che cinquecento sonetti. L'ab. Pier Antonio Meneghelli, da non molto mancato ai vivi, compatriota ed amico del Mazzolà, ne scelse i Cento, che ora si pubblicano di nuovo dopo la stampa da esso fattane in Padova sin dall'anno 1785. Piacquero di maniera che se ne ripeterono l'edizioni. Questa da noi intrapresa è certamente più nitida, più corretta, e più delle altre esatta nella ortografia del dialetto, non restandoci che il

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