L'ampolla del rubino, già capisci,
620E il coltellino d'oro... bravo; adesso
Torna caro a spassarti nel giardino...
Ti serberò la parte tua Peppino.»
«Che bel'idea de zovene.»
«È un povero orfanello
625Che un capitan di nave amico mio
Trovò ramingo di sett'anni appena
In Oriente e lo portò a Livorno,
Di là passar dovendo a la Giammaica,
A la cui vista il misero
630Naufragando peri, me l'affidò
Per educarlo e averne cura, e n'ebbi
Per ben cinqu'anni. Destinato poi
Dal santo Padre a questa missione
Io divisava collocarlo altrove,
635E sbarazzarmi; ma il ragazzo, veda,
Mi si era affezionato, e papà, babbo,
Piangeva: che so io... non ci fu modo
Di far corè e staccarmelo dal fianco.
Risolsi dunque di portarlo meco,
640E tenerlo qual figlio. Per averci
Poi l'occhio, perchè il sangue
Nell'età prima rigoglioso bolle,
E il tentennino titillando tenta,
Poi vistoso com'è potrebbe forse
645Correr dei rischi,... gli ò fatto allestire
Un letticiuol nella mia stanza istessa.
Ma lode al cielo alle sue belle forme
La bellezza dell'animo risponde,
E il mio Peppino (già non è presente)
650È un prodigio di senno e di virtù,
Docile poi da farne quel che un vuole:
E a quali prove mai non l'ho mess'io!
È d'Atene sa Ella.»
«Ah sì ò capio:
655I greci de quel clima e i fiorentini
Par proprio nati da l'istesso vovo.
Infati oltre l'acume de l'inzegno,
Che li confonde insieme, i sol aver
Anca una certa analogia de gusti,
660Che se i se incontra mai
I se taca che i par impegolai.
E po za 'l so trasporto per la madre
Lingua dei doti, e per el so Kalon,
Che xe 'l belo socratico in persona,
665Ghe lo rendeva, padre, necessario
Quanto'l pan che la magna un Alcibiade.
Quel scolaro de Pisa
Che la diseva che la pianze ancora
Prova credo a evidenza...»
670«Evviva il buono umor di vo-eccelleuza;
Or si serva e mi onori.»
«Questa, padre,
Xe una marenda proprio da monarca.
Qua gh'è boca che vustu!»
675«Dice bene, eccellenza, da monarca!
Istituzion, povera ancora,
Non potrebbe fornirci
Già di queste delizie... un dì chi sa!
L'imperadore intanto, il buon Kien-Long,
680Ne' giorni di spettacolo fa parte
Di sua refezione
Col mandarino astronomo, sa ella...»
«Bisogna esser ad aures come va
Per aver de ste grazie! me consolo
685Con ela; ma no so
Come godendo apunto
De tuto sto favor presso un monarca
Che pol andar sogeto
A l'impeto de l'ira, ma che po
690Sento universalmente a celebrar
Per giusto, per magnanimo e clemente,
No la se sia fato un dover, un merito,
De mostrar a Kien-Long el torto enorme,
Che fa a la gloria del so nome un ato
695De scioca crudeltà come xe questo.
Che diavolo! la morte,
De propria man, a un pover'omo per...»
«Sottovoce, la supplico, eccellenza,...
Potrebbe alcuno quinc'intorno, veda!...
700Questo, com'ella sente,
Non è argomento, in cui possa l'astronomo;
Poi l'interesse della sussistenza
Che deve starci unicamente a cuore.»
«Eh! lo diseva, suponendo, sala,
705Che un padre Paralasse