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Pagina:Il dialetto e la lingua - Antologia vernacola.djvu/13

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SAN ZEN 1


La ciesa dorme. — E su la gran fassada
     Se destende una pátina de oro
     Vecio, svampido, tuta lavorada
     Par onor de San Zen, vescovo moro.

De fora, in parte, sora un prà de poco
     Pascolo d’erba, tegnudo a giardin,
     Dove Da Vico2 dispensava el gnoco,
     Dove dorme par sempre el re Pipin3;

Dove ai bei tempi che Berta filava
     Libare e svelte, al son de le campane,
     Le Sanzenate4 cantava e tirava
     Zò da le corde le asse de lane5.

Alto, insolente a desfidar le Tore6,
     Forte, massisso e pur tanto zentil,
     Sempre più vivo soto el sol che more
     In facia a i monti sluse el campanil!

Berto Barbarani

  1. È la più famosa delle chiese di Verona, sorta nel secolo IX, quando re Pipino e Ratoldo vescovo diedero alle reliquie del Santo più degna sede, trasportandovele il 21 maggio 807. L’ampia Piazza, che si stende davanti, contribuisce a farne gustare la bellezza architettonica. Il Torrione (che faceva parte dell’Abbazia, rimanendo unico superstite di questa) e il Campanile le stanno ai lati e tutto il luogo ha un aspetto d'altri tempi.
  2. La narrazione popolare fa che Tommaso Da Vico fosse, nelle sue munificenze, il creatore della gran festa del Venerdì gnoccolar. Ciò pur afferma una lapide apposta dentro S. Zeno stesso.
  3. Veramente re Pipino fu sepolto non qui, ma a Milano.
  4. Le donne del Rione di San Zeno.
  5. Vuol indicare le matasse di lana.
  6. Son le altre Torri della città, specie quella dei Lamberti che è la più alta.
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