Pagina:Gerani - Poesie veneziane, Venezia, Ferrari, 1903.pdf/23

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una scena per sè stessa così grandiosa, e dove col dialogo spigliato e caratteristico si muovono ed agiscono tante figurine vere e parlanti. Così nell'Estrazion de' Loto, Al Domino, La Quarela, In Tribunal, Le Çenari, ecc. e in quella tanto birichina ma pur tanto bella Insogno e Cabola, una delle migliori (se non la migliore) di tutta questa pregevolissima raccolta, che se la fortuna arriderà, come c'è il merito, dovrebbe avere un esito felice. Poichè in tutte queste poesie palpita colle sue arguzie, co' suoi frizzi e le sue fisonomie tutte speciali, la vita veneziana. Dove non può il pittore, interviene il poeta con quei soggetti caratteristici trattati con una facilità di verso e di rima, semplice, limpida, di cui Fradeletto, che è quanto dire un buon intenditore, notò una invidiabile spontaneità.

Per cui questo nostro poeta si farà certamente un bel...»

                         («Ah, chi non ti vide, o Venezia,
                         Può dir morendo che visse indarno)!»

— «Eccolo, o signori; egli viene declamando gli ultimi versi di una sua ode A Venezia.»

La porta s'aperse, e sul limitare di essa apparve il giovane poeta nella cui ampia fronte splendeva ancora rutilante il raggio dell'estasi dell'arte che il Genio serba solamente ai suoi figli prediletti.

Dall'abbaino aperto trapelavano già d'in fra le travi

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