Pagina:Gerani - Poesie veneziane, Venezia, Ferrari, 1903.pdf/21

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che non gli sarebbe riuscita certamente come avrebbe voluto e potuto; l'onor. prof. Antonio Fradeletto, immerso nelle sue molteplici facende dell'arte e della politica, a cui sarebbe stato lusinghiero il fare, se colla buona volontà, avesse avuta anche la possibilità; ed altri ancora; per cui, uditori umanissimi, perdonerete il mio ardire, se lasciato per un istante il pennello, ho impugnata la penna per farvi questa tiritera, la quale, fra parentesi, è la prima e sarà anche l'ultima.

Il poeta, dunque, da voi tanto atteso e sospirato, è di là, nel suo domestico sacrario, ch'è ad un tempo sala da pranzo (quando c'è), e da letto; solo, colla sua Musa, una cara, dolcissima Mimì, che sta ispirandogli un'ode...»

«Barbara?» chiese una signorina bruna e simpatica, la quale deve avere una debolezza per le odi barbare.

― «Sì, ― risposi, ― molto barbara, signorina. Dunque il poeta è là; (continuai), che sta componendo un'ode alla Fame. (Fremito nell'uditorio). Un'ode, ripresi, che solleverà molto scalpore tra gli affamati; (volevo dire tra i letterati). Egli è di là a pochi passi di quì, o cortesi lettori, (venticinque), e tra poco lo vedrete in mezzo a voi, affabile, gentile, sorridente e bello, (lampi espressivi negli occhioni neri e celesti delle lettrici), il quale poi vi condurrà in questo suo giardino, ove crescono e sbocciano, come rose al sole di primavera, le sue rime veneziane, e con esse vi guiderà unitamente a la Musa de Rialto, in Gondola, ad un Idilio

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