Pagina:Gerani - Poesie veneziane, Venezia, Ferrari, 1903.pdf/19

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veniamo a congratularci secolui del suo vecchio e nuovo parto.... letterario, col sommo desiderio di fare la sua personale conoscenza.»

― «Quanti siete?» chiesi.

― «Venticinque!» risposero venticinque voci all'unisono che formarono una stridente discordanza orchestrale di sapore veramente ghiniano.

― «Entrate pure!» dissi; «e siate i benvenuti nel tempio dell'arte che.... non dà pane».

La porta sgangherata si mosse, piegò su se stessa e precipitò come una vecchia decrepita colta da mortale accidente, sotto l'improvvisa irruzione di quei venticinque lettori di buona volontà....

I quali entrarono con quell'ansia medesima e quella foga con cui gli abbonati del Loggione del teatro La Fenice, (e chissà di quant'altri teatri d'Italia), prendono d'assalto la porta e la scalinata in una sera di rappresentazione popolare a prezzi ridotti; e si sedettero sulle panche tarlate e sulle bipedi sedie e su quant'altro poterono posare non indegnamente le parti meno rispettabili di se stessi.

E qui, se avessi la facondia e il bello stile, nonchè la prodigiosa memoria e la pieghevolezza arrendevole del dorso di qualche cronista di giornale quotidiano, vi darei i nomi, cognomi, titoli e professioni di tutti i venticinque convenuti, e vi direi che c'erano fra essi: le signore Zanze e Màlgari, bionde bellissime affascinanti come sempre; la Dele, bruna, con un zendàdo di seta nera a frange ricamate, con merletti alla blusa da

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