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Pagina:Canti pel popolo veneziano.djvu/20

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che ora affidato alle sole mie cure femminili, sei il mio gelsomino (zensamin) fragrante e gentile; fatto un giorno adulto, educato alla scuola del tuo genitore, diverrai più suo che mio, ti vedrò crescere in aspetto di un giglio (zegio) vigoroso (gagiardo) ed appariscente, e formerai la gloria di questa poveretta, che ti ha posto al mondo.» Or dunque

Fa nana coresin «dormi, dormi cuoricino mio, perchè i sonni ti ringagliardiscano la lena, ti facciano crescere sano e robusto, poichè il Cielo ti ha mandato fra noi acciochè tu sia un giorno scudo e difesa della tua patria.»

Compendiato per tal modo in poche e semplici espressioni dettate dall'affetto e dalla purezza d'una mente che ritrae dall'anima, troviamo in questa strofa un presente ed un avvenire, una speranza ed una generosità disinteressata, che ci richiamano ai tempi delle madri di Sparta e di Roma. Molto può infatti l'esempio e l'incitamento a formare dei prodi; ma quel valore, quell'ardente entusiasmo, quella svisceratezza, che una madre generosa instilla col latte e coll'assiduità della voce nei suoi figli, è la principal base degli eroi. E di tal tempera esser debbono state, a giudicar dagli effetti, le donne veneziane. Nobile e commovente cosa doveva dunque essere ai tempi guerrieri della repubblica, trascorrendo per le molteplici vie della città, porre l'occhio accidentalmente ad una porta socchiusa, o ad una finestretta, e scorgere una donna dimessa ed oscura, seder presso la cuna

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