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Pagina:Canti pel popolo veneziano.djvu/164

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El zendà de lustrin. A chi non è noto il zendado veneziano? chi nol vide mille volte sulle scene nelle commedie del Goldoni? la seta finissima di cui era tessuto si chiamava con voce del vernacolo lustrin.

Il zendado si gittava sulla testa, s'incrocicchiava sopra il seno, e si annodava dietro la schiena con un gruppo; e le due falde nel camminare svolazzavano leggiadramente. Le facce pallide, i grandi occhi neri delle veneziane spiccavano a meraviglia, incorniciati, direm quasi, da quel negro abbigliamento; e tutta la persona prendeva un'aria snella e leggera, che nessun altro vestito non sapea dare.

La vesta de signoria a marizo. Era pure una veste tessuta d'una seta lucente e finissima, a marezzo, molto in uso presso le donne veneziane.

Alti i tacheti. Le scarpe coi calcagni molto sollevati dal suolo si custodiscono adesso, come oggetto curioso, nelle raccolte degli antiquari; ma nel decim' ottavo secolo s'accostumava portarle in piedi e non a Venezia solamente, ma per molte altre parti d'Italia e di Francia.

E la ventola in man per far bao-sete. Il ventaglio, antico e sempre valido argomento della femminile civetteria; inapprezzabile ne' teatri, sui passeggi, per dissimulare i subitanei mutamenti del volto, gli sguardi, i cenni, i sorrisetti; per far all'uopo capolino (bao-sete); di quanto e quale adornamento ed efficacia non doveva esser mai, destramente usato da quelle

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