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Le barufe in famegia/Prefazione

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Qualità del testo: sto testo el xe conpleto, ma el gà ancora da vegner rileto.

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Giacinto Gallina, nel dare alle stampe Le barufe in famegia,1 faceva precedere la commedia da queste parole dedicatorie:

“Il mio primo lavoro, pallida imitazione della “Famiglia dell'Antiquario„ di Goldoni, dedico a' miei concittadini, i quali incoraggiarono sempre con liete accoglienze i miei ardimenti giovanili.„

Fu lui dunque a voler porre onestamente e spontaneamente in rilievo la derivazione goldoniana della sua opera; derivazione, del resto, più formale che sostanziale, perchè limitata ai caratteri di due o tre personaggi e a qualche scena di non primaria importanza.

Pare, invece, che gli elementi principali dell'azione egli li abbia tratti direttamente dal vero e, qualcuno, proprio nella casa sua paterna, dove, per le tanto comuni incompatibilità coniugali, i motivi di litigio non erano rari....

Certo questa commedia fu la prima che il Gallina scrisse in vernacolo, dopo due non troppo felici tentativi nel genere cosidetto “in lingua„. La scrisse, appena ventenne, durante l'anno del suo volontariato militare, sollecitato da Angelo e Marianna Morolin, i quali, con la loro Compagnia, avevano rappresentato in quel tempo “La bozeta de l'ogio„,2 di Riccardo Selvatico.

E fu appunto l'esito magnifico di questo lavoro che in[p. - modifica]dusse il giovane commediografo ad abbandonare i suoi sentimentalismi romantici e ― com'egli stesso narra in alcune note autobiografiche ― “a prendere in mano quel prosaico Goldoni„, a leggerlo e studiarlo finchè gli si “sviluppò improvvisamente il senso della realtà„ da cui poi nacquero Le barufe in famegia.

La prima rappresentazione di questa commedia seguì a Venezia al “Teatro Apollo„ (ora Goldoni) la sera del 12 gennaio 1872, interpreti principali i due bravi capicomici Morolin e la brillante e vivacissima servetta Laura Zanon Paladini.

All'indomani, la “Gazzetta di Venezia„ ― il giornale più autorevole della città ― recava questo non certo abbondante resoconto:

“La nuova commedia in dialetto veneziano del signor Giacinto Gallina, Le barufe in famegia, ebbe un lietissimo esito. L'Autore fu chiamato fuori ad ogni atto e specialmente al secondo fu applaudito fragorosamente. La commedia ha infatti molta vivacità e spontaneità„.

Qualche giorno appresso però, lo stesso foglio si credette in obbligo di ritornare sull'argomento con un più esteso e meditato giudizio che non è forse inutile qui riprodurre:

“Ieri sera vi fu la quarta replica della commedia Le barufe in famegia del signor Gallina, nella quale questo giovane ha fatto un passo sì innanzi nell'arte; e siccome questo progresso noi lo ascriviamo in gran parte al più facile maneggio del dialetto, lo esortiamo a esercitarsi in tale genere di produzione, finchè gli si accrescano le forze per tentare argomenti di maggior lena. In tutte quattro le sere il teatro fu sempre affollato e l'uditorio prese sempre il più vivo interesse a quanto avveniva di là della ribalta, e questo è ormai un grande trionfo.„

Dal che ben apparisce che, se non l'arte, certo la critica teatrale si faceva allora un po' più.... alla buona di adesso!

Nel 1873, la commedia venne recitata anche in italiano nella traduzione3 che ne eseguì il Gallina medesimo; e, nello stesso anno, fu rappresentata e stampata pure in dialetto [p. - modifica]bolognese, ridotta da Antonio Falchi, con il titolo di El diavel in ca'.4

La scuola del Teatro, scherzo comico in due parti, fu scritto da Giacinto Gallina nel 1879, cioè sette anni dopo la commedia Le barufe in famegia, alla quale egli intese farlo servire di “prologo„, e di “epilogo„.

La tenue azione di questo breve componimento non ha ― come ognun vede ― un intimo legame con l'argomento della suaccennata commedia, ma ad esso l'autore la fa riferire a guisa di commento autosatirico che, pur nella sua leggerezza, non manca di una certa arguta efficacia.

Recitato per la prima volta al “Teatro Manzoni„ di Milano, precedendo e seguendo i tre atti di Le barufe in famegia, vi ottenne pieno successo e fu anche replicato. Ma poi non si rappresentò più.

Inedito fino ad oggi, il testo che ora si pubblica fu curato sull'originale posseduto, e gentilmente prestato, da Emilio Zago, il popolarissimo artista, già amico del Gallina e altro grande interprete dei suoi lavori.

D. V.



Note
  1. Vedi il volume I del Teatro Veneziano di Giacinto Gallina, stampato a Padova da F. Sacchetto, nel 1878. Edizione rarissima anzi introvabile.
  2. V. Commedie e Poesie veneziane di R. Selvatico con prefazione di A. Fradeletto (Milano, Treves).
  3. Le baruffe in famiglia di G. Gallina (Milano, Treves, 1887).
  4. Ed. G. Brugnoli e Figlio, Bologna.
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