Giacinto Gallina, nel dare alle stampe Le barufe in famegia,1 faceva precedere la commedia da queste parole dedicatorie:
“Il mio primo lavoro, pallida imitazione della “Famiglia dell'Antiquario„ di Goldoni, dedico a' miei concittadini, i quali incoraggiarono sempre con liete accoglienze i miei ardimenti giovanili.„
Fu lui dunque a voler porre onestamente e spontaneamente in rilievo la derivazione goldoniana della sua opera; derivazione, del resto, più formale che sostanziale, perchè limitata ai caratteri di due o tre personaggi e a qualche scena di non primaria importanza.
Pare, invece, che gli elementi principali dell'azione egli li abbia tratti direttamente dal vero e, qualcuno, proprio nella casa sua paterna, dove, per le tanto comuni incompatibilità coniugali, i motivi di litigio non erano rari....
Certo questa commedia fu la prima che il Gallina scrisse in vernacolo, dopo due non troppo felici tentativi nel genere cosidetto “in lingua„. La scrisse, appena ventenne, durante l'anno del suo volontariato militare, sollecitato da Angelo e Marianna Morolin, i quali, con la loro Compagnia, avevano rappresentato in quel tempo “La bozeta de l'ogio„,2 di Riccardo Selvatico.
E fu appunto l'esito magnifico di questo lavoro che in-
- ↑ Vedi il volume I del Teatro Veneziano di Giacinto Gallina, stampato a Padova da F. Sacchetto, nel 1878. Edizione rarissima anzi introvabile.
- ↑ V. Commedie e Poesie veneziane di R. Selvatico con prefazione di A. Fradeletto (Milano, Treves).