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Il dialetto e la lingua/Fra i Cimbri dei monti Lessini veronesi

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Fra i Cimbri dei monti Lessini veronesi
1924

 Edission original:   

Il dialetto e la lingua, Antologia vernacola, a cura de Vittorio Fontana, Verona, M. Bettinelli, 1924

 Fonte:

Indice:Il dialetto e la lingua - Antologia vernacola.djvu

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Fra i Cimbri dei monti Lessini veronesi
Un dialetto di poche genti


Nell’alta provincia di Verona, nel fondo d'una valletta appartata, si parla un dialetto che poco ha di comune col dialetto veronese, ma (appunto perchè, dicono, va scomparendo) deve dar segno in un Manuale che raccoglie, nel linguaggio, usi, costumi, che sono storia del Veneto. Basta un saggio, offerto da un benemerito studioso di lassù, il Prof. D. Giuseppe Cappelletti e per notizie raccolte dall'On. Messedaglia in N. Antol. 1. genn. 1922: «Gli ultimi Cimbri; Tramonto d'una parlata», dei quale; Saggio diamo il testo e la traduzione:

LEGGENDE DEI NOSTRI MONTI
LE SEALAGAN LAUTE DELLA GIAZZA E LE ANGUANE 1

devesi notare la località della Giazza, lì ov'è lo strano dialetto, ed indicare la visione dei monti circostanti; così il Kitzerstuan ossia Macigno dei capretti, la Schäffer Kuwal ossia Grotta dei pastori, la Sealagan Kuwal ossia la Grotta delle beate genti e infine la Grol (nel dialetto veronese grola è la cornacchia) ossia Monte della cornacchia. Ecco il dialogo fra due donne della Giazza: Cilja e llja:

Testo
Versione letterale

— Bo pis-to gabesi, Ilja?

— Oubar ’me Kitzer stuan, tze walcan.

— Un bo leigas-to in walc?

— In de Schäffer Kuwal. Da bartete mea pai de Sealagan Kuwal.... iz kimpar nicht tze gian in 'un jungame kan-itar gahoart souwal 'un Sealagan Lautan.

— Wortas-tu-di?

— Ba bout-ar? Schnaidine prir-i segau dise Sealagan Laute, garustat pit rintar 'un tanan, gian au un abe pa laitan pit prantan in de känte. Andre botan loutzine au in Sealagan kuwal un dort in de Grol, prir-i segan iz soal gatzougat, un gaproatat drau d'artan bo de Sealagan Laute hen gabeschat. Un bene i pi aljuan, prir-i funtze hoam hukan: Schua ra ra ra! 2

— Du machas-mi lachan!

— Iz ist tze lachan!

— Dove sei stata, llia?

— Sopra il Macigno dei capretti a tagliar erba.

— E dove metti tu l'erba?

— Nella Grotta dei pastori. Vi sarebbe più vicina la Beata grotta. Non mi va di entrarci; da giovane ne ho sentite tante delle Beate genti!

— Hai tu paura?

— Che volete? Falciando mi sembra di vedere queste Beate genti, vestite di scorze d’abete, andar su e giù per i declivi con tizzoni accesi in mano. Altre volte, guardando su nella Beata Grotta, e là alla Grola, mi sembra di vedere la fune tirata, e sciorinativi sopra i panni, che le Beate genti hanno lavato. E quando io sono sola mi sembra di sentirle gridare: Via, via, via! 3

— Tu mi fai ridere!

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— Un loutz du ba da bin sain kant hoam ’un jungame lappan bo da machan de worte!

— Die bo da gen tze vorstian in hajarn soutane lapan tuan ubal; iz nicht de barut?

— Du hast recht. Loulz nicht tze worta-di un Sealagan Lautan: se sain da nicht mear!

— I kljob'az. Bar segan-us.

— Ja, stea bou.

— È da ridere!

— E guarda che cosa significa sentir da giocane storielle che fanno paura!

— Coloro che danno a intendere ai ragazzi tali storielle fanno male; non è vero?

— Tu hai ragione. Procura di non aver paura delle Beate genti; non ci son più!

— Lo credo. A rivederci.

— Sì, tu sta bene (stai bene).



Note
  1. [p. 99]La leggenda delle «Beate Genti» della Giazza è la stessa leggenda delle Anguane, fate delle acque, diffusa in varie località; nel Veronese tuttora si ripete la leggenda delle Anguane, che pur vivono sui monti, e tirano una fune da un monte all’altro per ballarvi sopra. Un Monte delle Anguane (Fate) è in territorio di Quinzano; e sopra, a mezza costa, si mostrano le çengie de le Anguane, grossi massi rocciosi, muniti di piccole grotte.
  2. [p. 99]Abbiamo una frase abbastanza diffusa nel Veronese «sigár come ’n anguana» per dire: gridare a squarciagola, come gli urli delle fate. Male interpretano Patuzzi e Bolognini (Picc. Diz. Ver) «gridare come un’aquila», dove l’aquila non c’entra affatto.
  3. [p. 99]Abbiamo una frase abbastanza diffusa nel Veronese «sigár come ’n anguana» per dire: gridare a squarciagola, come gli urli delle fate. Male interpretano Patuzzi e Bolognini (Picc. Diz. Ver) «gridare come un’aquila», dove l’aquila non c’entra affatto.
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