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Pagina:Selvatico - Commedie e Poesie Veneziane, Milano, Treves, 1910.pdf/289

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stata affidata 1, portandola nel suo studio, divenuto ormai la sua casa. La scena, a giudicare dagli spunti che abbiamo sott'occhio, doveva riuscire mirabile di tenerezza e d'affetto. Marcello vorrebbe che il piccolo cuore ingenuo potesse intuire l'essenza del suo ineffabile dolore e tenta di strapparle qualche parola, qualche accento, che possa far rivivere la defunta nell'intimità di un'angoscia da cui egli era rimasto escluso. Con questo intendimento scopre, pressochè vergognoso, la figura scolpita di Adele, sperando che la bimba abbia a riconoscerla. Ma il suo cuore prova una stretta, quando ella ravvisa non la mamma, bensì un'amica buona, tanto buona...

In questo punto, crediamo, doveva entrare Enrico. Vedendo per la prima volta l'effigie di Adele, egli si turba profondamente, offre il denaro a Marcello, che non accetta, e con un pretesto qualsiasi corre via, fugge quasi, dimenticando un involtino che aveva recato con sè. Stupito per quell'incomprensibile contegno, Marcello vuol raggiungerlo ed esce, raccomandando alla bambina di essere buona, di tener chiuso a tutti durante la sua breve assenza. Rimasta sola, la bambina apre curiosamente l'involto. È una pupattola, che la invita a giocare. Dal di fuori, timida chiamata di Emma. Al suono della nota voce, la piccola, immemore delle raccomandazioni, corre festosamente ad aprire.

Episodio straziante e dolce insieme. Emma dice che dovrà partire forse per sempre, per un paese lon-

  1. Cfr. Atto I, scena XII.
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