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Pagina:Saggio del dialetto vicentino.djvu/33

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germogli che tolgono la rotondità del ramo dell'albero.

Scaolare. Separare il grano, la castagna, la noce ec. dalla loppa, riccio, guscio, ec.

Scaolo. Quell'embrione di castagna che trovasi nel riccio, presso alla castagna.

Scaranto. Comunemente vale piccolo torrente. Nei Sette-Comuni dicesi a luogo sterile. A Venezia è un tufo arenario della Laguna. Trovasi all'anno 1262 (vedi Maccà, Tom. V. pag. 11).

Scarcozzo. La buccia del gambero.

Scavezzà. Termine di agricoltura. Parte del campo, il cui solco è più corto degli altri.

S,ciantizo. Scintilla, Lampo.

S,ciave. Epiteto d'uva fino dal 1308. (Vedi Maccà, Tom. XII. pag. 204; e Testamento Proto: uve nostrane e sciaveerrata corrige originale.)

S,ciope. Termine dei bacofili. Dicesi a quel bozzolo appena incominciato, e non terminato per morte del filugello.

Scoegarde. Nome di molti luoghi, così detti dallo scoticare. Trovasi all'anno 1383 (vedi Maccà, Tom. XII. p. 306).

Scuderolo. Piccolo scudo, probabilmente quello che gli araldici chiamano il sopra tutto. Voce perdutasi con le perdutesi costumanze. — Il Testamento Proto dice: cum dei scuderoli all'arma mea in lo mezzo dei scudi.Scudi pinti, s'intende cogli stemmi di chi li portava.

Segar. Falciare l'erba. Questa voce non deriva da Sega, ch'è quello strumento dentato dei falegnami, tagliapietra, od altre arti; ma da Sica, strumento corto e curvo, ch'è proprio la nostra falce, posta per recidere l'erba in cima ad un lungo bastone, e per mietere le biade ad uno corto. In questo secondo caso chiamasi Sesola, ossia Sicula, piccola sica. Un nostro paese, che si stende appena giù dai Berici, e presentaci una pianura opportunissima alla coltivazione delle biade, chiamasi Secula. Il c e l's negli antichi caratteri Greci e Latini producono suono avvicendato, e così si crede in Etrusco; onde si conclude che questi nomi subissero tali passioni anche nella nostra pronuncia.

Seghette. Quei muricciuoli che servono di riparo ai passaggieri sui ponti o sui precipizj.

Semanacao. Siamo da capo.

Sgarigio. Il mandorlo della noce.

Sgenzale. Zanzara.

Sguicamento. Pianto flebile. Questa volta i Vicentini all'n della nobilissima voce nicchiare non si contentarono di farle precedere un g, ma eziandio un's.

Sgrosenda. Scheggia acuta minuta.

Sieve, per Siepe, non è termine disusato a Vicenza, come dice il Boerio essere a Venezia. Un sieve, al mascolino, chiamasi la siepe di vimini o sterpi secchi. Proverbio: Un sieve dura tre anni, un can dura tre sievi, un cavallo dura tre cani, ed un omo dura tre cavalli.

Sigolare. Zufolare.

Sila. Oggi intendesi un luogo piano, coltivato senz'alberi. Tutto al contrario lo intendevano gli antichi. Dionigi di Alicarnasso, publicato dal Mai, p. 159, dichiara che in fine del quinto secolo di Roma i Bruzj spontaneamente cedettero ai Romani la metà di quel territorio montuoso che diceasi e tuttavia si dice la Sila, di dove si traea molto legname per la marinería, e molta resina (vedi Biblioteca Italiana, n.º VI. pag-220).

Sioria, cioè Signoria. Voce che serve di saluto. Tempo già fu, era saluto dei contadini verso dei signori; oggidì i signori lo ritorcono ad essi. Ad un contadino per saluto confidenziale se gli dice Sioria; cioè: Addio, o voi che solete dire per saluto Sioria. È questa la fortuna delle parole.

Sita per Saetta, fulmine. Voce oggidì triviale, è vero, come la dice il Boerio, a Venezia, e a Vicenza contadinesca affatto; ma conviene aggiungere, per la sua storia, un dì nobilissima. Maestro Antonio da Ferrara la usò nella sua Canzone in morte del Petrarca: Il qual non teme la sita di Giove.

Siton. Insetto di corpo assai lungo,

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