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Pagina:Poesie veneziane scelte e illustrate da Raffaello Barbiera, Firenze, Barbèra, 1886.pdf/348

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LA CANZON DE LA SPATOLA. [1]


                              La spatola
                                   ossia
          L'arte de menar ben la polenta
                    E de metterghe el tocio [2]
                              Allegoria
                    De Arlechin Batocio
          Moreto bergamasco[3] e mezo mato
          El qual la ofre dedica e presenta
          Ai omeni politizi de stato.

     Ghe xe una caldiera[4] ― tacada[5] su un fogo
Che par una vampa ― de incendio o de rogo,
Visin ghè una polvare, che par d'oro fin,
E qua ghè la spatola del gran Trufaldin.
Principia el miracolo.... Se vede de drento
Levarse una brombola,[6] d'arzento d'arzento,
Po' subito un'altra la vien a trovar,
E l'acqua nel fondo scominzia a cantar.
La canta, la ronfa, la subia,[7] la fuma,
De qua la se sgionfa,[8] de là la se ingruma,[9]
El fogo consuma col vivo calor
Le brombole in sciuma, la sciuma in vapor.
La bogie de boto,[10] atenti! ghe semo[11]

  1. Spatola è il mestolo che Arlecchino porta al fianco e che, all'occorrenza, gli serve a menare nel paiuolo la polenta.
  2. Sugo grasso.
  3. È noto che Arlecchino è di Bergamo, città che fu già della Repubblica di Venezia.
  4. Paiuolo.
  5. Attaccata.
  6. Bolla.
  7. Zufola.
  8. Gonfia.
  9. Agglomera.
  10. Tra poco.
  11. Ci siamo.