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Pagina:Il dialetto e la lingua - Antologia vernacola.djvu/61

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MASTIN DE LA SCALA 1


— Sangue de la me rassa, cassà fora
     da la Borgogna, condannado al bando,
     te vedarè; a Verona ancora ancora
     ciaparemo la strada del comando.

Sangue de la me gente, te domando
     forsa e malissia, chè no vedo l’ora
     de rampegarme ’n alto 2, andar de sora,
     parchè ’l nome che porto lo vôi grando.

L’arte conosso, ’n arte che no fala
     de sfregolarme drio 3, de star vissin
     a ci doman me tegnarà — la Scala! —

Così pensava e g’à intivà 4 Mastin.
     Un bel giorno la piassa ga dà spala
     e lu in pressia l’à fato el so scalin 5.

Matteo Signorio 6

  1. Mastino della Scala (secondo lo storico Della Corte) è oriundo di famiglia bandita dalla Borgogna. Fu iniziatore della Signoria Scaligera succeduta al dominio tirannico di Ezzelino da Romano. Eletto Capitano del popolo nel 1262, finì barbaramente ucciso sulla pubblica strada il 26 ottobre 1277.
  2. rampegarse: arrampicarsi, cercar di ardire in alto col potere.
  3. sfregolarse drio: stropicciarsi a qualcuno, lisciare (il popolo) per averne il favore per poi comandarlo e dirigerlo.
  4. intivar: indovinare, riuscire, dar nel segno.
  5. È il terzo di 4 sonetti sul primo affermarsi dei Signori della Scala.
  6. Pseudonimo del Rag. Ferruccio Visentini, che volendo dedicar un volumetto di poesie vernacole «Aqua minuda» (Verona, Annichini 1910) ad un amico scriveva:

                                  Zà pensa, scrivi e sgoba
                                       par drito e par roverso
                                       gh’è drento poca roba
                                       e tanto tempo.... perso!

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