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Pagina:Il dialetto e la lingua - Antologia vernacola.djvu/40

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Disighe che no m’i catà


(Ditegli che non mi avete trovato)


Gh’era 'na dona che tute le sere la naa in ciesa e là la suplicava el Signor ch’el la tolesse con Lu in paradiso. La ghe disea:

— Signor, mi son stufa de star a sto mondo, mandéme a tor che l'è ora.

El sacrestan, ch’el la sentìa sempre a dir ste preghiere, el pensa de farghe uno scherzo. El se combina con du putei che i se vestissa tuti de bianco, che i se meta de drio a le spale do gran ale bianche, e dopo ch’i 'aga da la dona a dirghe: — Bona 'ecia, el Signor l’a scolta le vostre preghiere, e el n'a mandà nualtri a torve e condurve in paradiso.

Cussi j’a fato. La dona quan’ l’à sentì che j'è vegnù a torla, la gh’a dito de colpo:

— Disighe che no m’i catà.



P. L. Grossi versificò in Rime piacevoli la novellina col titolo: Altro è parlar di morte, altro morire.

               Una vecchia impotente
               Ed infermiccia e senza in bocca un dente
               E sgangherata e da altri mali oppressa:
               — A che più vivo io mai, spesso dicea,

               Gravosa a tutti, incomoda a me stessa?
               Quando morrò? — sovente ripetéa: —
               Caro Gesù, ah quando avrò l'avviso
               Di venirvi a goder in paradiso?

               Stanchi un giorno i domestici d'udirne
               L'intercalare usato
               Vestirono un fanciul d'angiolo alato,
               Il qual le apparve, e dissele: Su via
               Gesù, che ha il pregar vostro esaudito
               Con l'annunzio di morte a voi m’invia
               E al Paradiso or vi fa l’invito.

               La vecchia allor, niente persuasa
               D'andarsene sì subito fra i più,
               Rispose all’angiolin: Dite a Gesù
               Che non m’avete ritrovato in casa.

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