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Pagina:El marìo cortesan.djvu/28

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Giul. Sì questo: ma è difficile.
Ton. E cossa mai ghe vol?
          Poco fa gho pur ditto, che basta saver far;
          E ghe lo insegno adesso se la vorrà imparar.
          L'è zerman, l'è parente; ma tutti alfin vol dir:
          Ella xe maridada, e no fa buon sentir.
          Se la fosse una putta, la cossa va da rè.
          Digo mo mi; sta putta in casa la ghe xè.
          Cossa ghe costa a dir; se so marìo la tien,
          Che nol vien quà per ella, che per la putta el vien.
          So marìo no xe un matto, l'ha sta sorella attorno;
          El sa che presto, o tardi l'ha da liogarla un zorno,
          Lusingà da ste nozze, che nol sognava appena;
          Certo che al sior Ottavio mai nol farà una scena,
          Ella resta sculada, lu fa bona figura:
          El zerman vien per casa; la va fin che la dura.
          E po chi pol saver quello che 'l Ciel destina?
          Salla quante gran volte burlando s'indovina!
Giul. Questo non sarà mai. Noi non ci amiamo insieme,
          M'è testimonio il Cielo, ma l'onor suo mi preme.
          Vo', che sposi una Dama, non quella seccatura,
          E farà quanto io voglio, perchè ha di me paura.
          Senza di ciò mi piace il tuo consiglio assai;
          Ma che a tal patto insegua, non lo sperar giammai.
Ton. Ghe bisogno de quello? là sa, come la và:
          Quante cosse se disse, che po no le se fa?
          Se propone ste nozze; prima che le sia pronte
          Non manca mai pretesti, perchè le vaga a monte.
          Intanto el sior Ottavio el pol vegnir per casa:
          Ella far come prima, e so marìo che 'l tasa.
Giul. A tal patto sì bene: ma d'uopo è ch'io rifletta,
          Se Ottavio vorrà fingere d'amar quella fraschetta.
Ton. Diavolo, ghe vol tanto? Mi vedo, che ogni Dona
          Ghe n'ha cinque, che spasema, e sie che la minchiona.
          E ghe insegnerò mi.
Giul. Nol sa, s'io nol permetto;
          E non posso parlargli.
Ton. Do righe in un biglietto.
Giul. E chi glielo darà?

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