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Pagina:El marìo cortesan.djvu/27

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Giul. Non ho fatto alcun male, e questo mi consola.
Ton. E chi dise in contrario? L'impegno mi me tiogo,
          E metto per defenderla anca le man sul fogo.
          Che mal ghe pol mai esser che l'abbia un so parente?
          Per mi no ghe ne trovo, che l'abbia anca un servente,
          Ste cosse indiferenti se deve perdonar:
          El mal no sta nel farle, sta nel saverle far.
Giul. Tu non parli di core, ma sol mi tieni a bada.
Ton. Mi burlarla, Lustrissima? Son ben desfortunada.
          A quei che la tradisse se gha tutta la fede:
          Mi son quà per defenderla, e a mi no se me crede.
          Vorrave pur mostrarghe el cor, ma se no posso,
          La comanda, la prova..
Giul. Taci, ch' ho il foco adosso.
          Son convinta, che basta da questo mio periglio,
          Che tutte voi m'odiate, perchè non vi somiglio.
          Ma senti, se da voi sedotto è mio marito,
          Voi me la pagherete, ch'io me la lego al dito.
          E tu prima di tutte da me tante ne avrai,
          Che restaratti il segno.
Ton. Hoi guadagnà mo assai?
          Andè là, fe' del ben a certe teste strambe:
          Se ghe vegno più avanti, me casca pur le gambe.
          Tiogo le parre soe fin contro del Patron;
          E in premio se manazza niente altro, che un baston?
          Per ben de so zerman quà da scondon mi vegno;
          E in premio se menazza, che i vol lassarme el segno?
          Gh'aveva studià el modo de farlo quà tornar;
          Ma no, che 'l vada pur a farse anca squartar.
          Grazie delle finezze, che parecchiar la sà.
          Farò la recevuta, se so marìo vorrà.
Giul. Dove vai? senti un poco.
Tan. L'aspetta, che sia in calle.
Giul. Non ti fo nulla adesso.
Ton. Me preme le mie spalle.
Giul. Se fai, che mio Cugino sia ben veduto in casa,
          Ti do quel che desideri.
Ton. Chiappa sto fior, e nasa.
Giul. Tel prometto.
Ton. Ello questo el dente, che ghe diol?

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