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Pagina:Saggio del dialetto vicentino.djvu/15

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Arsego divide il Padovano dal Trivigiano.
Arsoli divide la Sabina dal Lazio.

E perchè in questi studj, ancor di troppo novizj, può giovare il dir tutto ciò che ci pare, potendo questo tentonare aprire alle volte un varco alla luce, soggiungerò che Arasse significa divisore. Così lessi nella Storia del Mar Nero, Tom. I. pag. 59, di Formaleoni.

Una frase Etrusca, pervenutaci con la sua traduzione, è Arse Verse, e dicesi significare guardia al foco; ond'io in altri studj miei congiungendo questa notizia alle suddette osservazioni, m'imaginai che la voce Arsa sui confini significasse guardia di essi. Ch'io mi sia ingannato è possibile; ma una erudizione ch'io traggo dalla Storia di Concordia del Zambaldi, se non conferma il mio tradurre, mostra ch'io erro alla cieca sì, ma intorno al vero. Casarsa è un luogo di Concordia, sito nella contrada di Versute. Ambo queste voci di Casarsa e di Versute ricordanci l'Arse Verse. Or progrediamo. La Versa è un ruscello che passa presso Casarsa. Cosa mirabile! questa Versa scendendo cambia nome, e chiamasi Lemene, corruzione di Liminis. Questa combinazione mostra che l'un popolo succedutosi all'altro nel dominio di quell'aqua, conservò il significato dei nomi, voltandoli solo nella lingua. Versa, tradotto nel latino Liminis, mi persuade che in Etrusco significasse pur essa limitare, confine. Di quest'uso di voltare i nomi abbiamo esempio nel Vicentino. Un ruscello fu detto Xante dai popoli meridionali, e Grabo dai settentrionali, ed ambo vollero dir fossa. Se la traduzione procedesse così a mio modo, si confermerebbe che nella voce Arsa vi è la guardia, l'agente divisorio; ma Verse, che vorrebbe dir foco, giusta l'antica tradizione, secondo l'esempio di Concordia significherebbe confine. Tra foco e confine non vi è nè simpatía, nè affinità; quì però approfitto di una opinione degli amici di questi studi, i quali credono che nei giochi dei fanciulli si conservi un gergo arcaico di voci e di significati. Questi involontarj antiquarj, quando si divertono a mosca cieca, circoscrivono il luogo del loro divertimento; e se la mosca è per oltrepassarlo, l'avvertono, gridandole non fine, ma fogo. Chi mai sa dire quanto io vaneggi?

Artanti per altrettanti trovasi anche nel Boerio, ed è voce vivissima. Aggiungo ch'essa è antica, e leggesi nel Testamento Proto.

Arte. Vale i vestiti, qualunque si sieno, della persona; il che non è avvertito dal Boerio, che pur registra questa voce. Arte a Vicenza si usa del tutto nel senso del francese hardes.

Arvegnù, applicato al sapore, dicesi quando una preparazione di cucina dà saggio di non essere più fresca. Stantío.

Asiare. Celebre a Vicenza è l'Iscrizione scolpita in caratteri gotici nel secolo XV. sulla porta di S. Lorenzo presso un leone a cui fu rotta la zampa, e così mutilato libera un angolo di piedistallo, sul quale potrebbe in conseguenza assidersi una persona. Ecco l'Iscrizione:

Se Bozzo in San Lorenzo volse stare,
La zatta del Lion fece asiare.

Io qui direi, seguendo il suono della voce più naturale, che Bozzo fece asciare, ossia batter via, la zampa del lione, per potersi assidere sul piedistallo. Nelle Poesie Pavane di Menon, Begotto e Magagnò questa voce bene si traduce per preparare (vedi Parte IV. pag. 10). Non male si appongono quelli che credono essa significare tirare indietro. I nostri contadini comandano al bove di assiare, cioè di rinculare; e così a Venezia siare è opporre il remo all'aqua per far restare o ritirare la barca. — A quale avvenimento che meritò una Iscrizione in luogo sì solenne, in tempo avaro d'Iscrizioni, alluda la nostra, di cui avvertii la strana voce, è ignoto a tutti.

Asio. A so conzo e a so asio, dice il Testamento Proto, certo per agio.

Astego. L'eufonía di questa voce mostra d'avere appartenuto ad una lingua dominatrice del paese che si esten-

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