Pagina:Rumor - Chi le conta xe qua, Venezia, Scarabellin, 1904.pdf/7

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A CHI LEGGE


Non hanno certo i miei pochi versi lo scopo di arricchire di altra opera le molte e preziose collezioni di poesie dialettali, scritte da chi seppe dedicarvi amoroso e indefesso studio: il mio lavoro, disadorno e modesto, non ne ha, neppur lontanamente, la pretesa. Nè ho voluto, scrivendo, atteggiarmi a poeta, chè i poeti — inspirati troppo sovente da meste concezioni — trasportano noi pure a non desiderate melanconie.

Oggi, in cui le evoluzioni dei tempi e delle costumanze tendono ad alterare immeritamente la forma e le parole del caratteristico dialetto veneziano, a corrompere la sua origine con frasi e motti italianizzati in modo ridicolo, o volgarizzarlo con neologismi purtroppo osceni, mi è sembrato non inopportuno di attenermi, scrivendo. all'integrale mio dialetto, nella speranza che molti fra i miei concittadini, ― dotati di brio e coltura poetica ben più di quello ch'io non lo sia ― vogliano seguire con certo maggior esito il tentativo da me fatto onde adoperare e divulgare le singolari espressioni ed arguzie e — più che tutto — la forma semplicissima che caratterizza l'idioma di Venezia.

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