Pagina:Poesie veneziane scelte e illustrate da Raffaello Barbiera, Firenze, Barbèra, 1886.pdf/6

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motti scherzosi che in quel tempo fiorivano sulle labbra dei combattenti. Ridere persino del proprio dolore è una delle caratteristiche del popolo veneziano, il quale, alieno da ogni vulgarità, serba un'impronta nobilmente filosofica, superiore, s'è permessa la parola, come quello che vanta una lunga storia di grandezze. Le popolane hanno gesti sdegnosi, i gondolieri nel loro reciso sentenziare, nelle loro stesse facezie, nella loro stessa miseria, conservano qualche cosa che ti manifesta la loro razza antica e fine.

Nella poesia vernacola veneziana, sia dei canti popolari sia della produzione letteraria, domina una simpatica disinvoltura nel prendere le cose di questo mondo: quasi tutti i poeti veneziani sono amabili filosofi che non si gettano certo alla disperazione se la sventura li coglie: qualcuno, come il Labia, aggrotta le ciglia, s'annuvola al cospetto della decadenza della cara patria, freme, ma è un'eccezione.

Che squisiti sentimenti nei canti popolari veneziani, i quali possono star al pari, per gli schietti accenti di natura che contengono, coi canti toscani e colle villotte del Friuli! Un'innamorata dice:

Più mal che ti me vol, più ben te vogio,

e un innamorato:

Varda la luna come la camina!
La va per aria, e no se ferma mai:
Cussì fa ' l cuor d'una dolce bambina,
Che a far l'amor no la se stufa mai!

Non conosco niente di più voluttuoso e insieme di più gentile della seguente scena d'amore che ricorda la quinta del terzo atto di Giulietta e Romeo