Pagina:Poesie di Francesco Gritti in dialetto veneziano (1862).djvu/246

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     Oritur irae Dies! solvet Dies illa
     Carnivoros rapaces in favilla.
Da le murate sedi
     330Dove il bipede uman delira e impera,
     Il sonno, è ver, e le oziose piume
     Han l'innocenza, e la virtù sbandite,
     E all'ozio vil che di più vili colpe
     È tra gli uomini padre,
     335Satan, lo so, la meritata pena
     Tra le sue bolge colaggiù prepara.
     Ma calpesti il suo culto, e di quel fosco
     Barlume di ragion, ond'è superbo,
     Abusi l'uomo pur, e che per noi?
     340Il dogma cittadin non regge il bosco.
     Ed oh! piaciuto fosse a lui che libra
     Su distinte bilance
     De' bipedi la sorte, e il destin nostro,
     Che nate appena, in un letargo inerte
     345Cadute foste, e vi poltriste ancora,
     Crude belve rapaci !
     Scevri d'ogni timor dal colle al prato
     Solinghi errando, o in folte schiere amiche
     Lepri, daini, conigli, pecorelle,
     350Già sbranati da voi,
     Fascerebbero ancor la molle erbetta,
     I teneri virgulti, ed i maturi
     Spontanei doni delle piante solo;
     Puro cibo salubre
     355Destinato dal ciel all'innocenza!
     Ma non dal sonno, dalle veglie vostre
     Sanguinarie ministre
     D'una fame crudel che non si pasce
     Che di lacere carni semivive,
     360Pur queste selve (un tempo
     Placido asilo di sicura calma)
     In teatro d'orror, barbari, vôlte?
     Ed è per esse che gia il flutto freme,
     E crolla il monte, e romba il nembo, e spunta

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