Sbriso: logoro, dicesi di vestito.
Sfrisár, sfriso: sfiorate, rasentare; sfriso, sarebbe sfregio; in quatro sfrisi: in o con quattro freghi.
Sgrìsolo più usato nel plur. sgrìsoli: brividi; me sento végnar i sgrìsoli: mi sento scorrere i brividi, mi si agghiaccia il sangue. Sgrisolár sgrisolón.
Sbisegár: rovistare, frugare; sbiseghin è proprio il fanciullo ricercatore sagace, corrisp. all’it.: frugolo, frugolino.
Siolòto: fischietto (giuoco dei bambini); zuffolo.
Spegasso: sgorbio.
Stenegár: ammorbare.
Stróo per: bujo, ma è voce contadinesca; più usato come aggettivo; note stroa: notte buia.
Spandar: spandere, versare, rovesciare; spanto: sparso, rado; vaso spanto: vaso molto aperto, allargato alla bocca (sarebbe il boccale).
Schéo: centesimo; no ’l val un schéo sbuso: non vale un soldo bucato, non val un bajocco, niente.
Sésa: siepe; è più spesso adoperato al plur.: le sése.
Spiansisár: lampeggiare; spiansìso: lampo, baleno; savèr de spiansìso: saper una cosa di rimbalzo, come per sentita dire.
Smorzar: spegnere.
Sbrissiàr: sdrucciolare.
Slépa; fetta; ’na slépa de polenta: una grossa fetta di polenta.
Slapàr: divorare, specialm. del cibo, ingoiarlo in fretta, mangiar molto e ingordamente.
Sbatociar (da batócio) battere il martello, il batocchio, così lo sbatter e il suonar a discesa delle campane.
Slusàr: lucicchio.
Sberla: scappaccione, schiaffo.
Strasse: cencio, straccio; ridur o andar come una strassa: ridursi come un cencio: strassár: logorare, sciupare; strassarìa: ciarpa, ciarpame, robaccia.
Sgìnsala: zanzara.
Signàpola: pipistrello, nottola; accres. signapoloni.
Scaùia: generalm. usato nel plurale scaùie, spazzatura, immondizia. Figuratamente di persona: uomo di stento. Quel da le scaùie è lo spazzaturaio.
T — Torcolàr: spremere; torcolà: spremuto col torchio (torchialo); tòrcolo: frantoio, ordigno, per spremere le olive; torcolòto: uomo che, per mestiere, fa e trasporta vino od altro. Figurativamente; roba torcolada: stentata, stiracchiata, tirata coi denti; vino torcolà, vino ben spremuto, stretto al torchio, ottimo.
Tabarin (da tabàr, mantello); farghe ’l tabarin a qualchedun: dir male d’alcuno.
U — Udór: odore tanto in buono che in cattivo senso. Savèr ben udòr, saper di buono, essere una brava persona; però l'à udòr: ha puzzo, tanfo.
’Udár: vuotare; 'udar zo par el seciar: buttare nell'acquaio, mandar a male una cosa.
Usma, fiuto; ciapàr l'usma: pigliar pratica; Usmár: fiutare, frugare, scavizzolare; Usta: fiuto, odorato, cattivo odore, puzza.