Pagina:Collezione delle migliori opere scritte in dialetto veneziano 6.djvu/98

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7Gera là mi co è vegnù da Belun
     Per squadrarlo l'abate Baracò;
     Quel che i Savj à mandà de l'otant'un
     A Padoa per drezzarghe i corni al Bo.
     Se avanza gravemente l'Ego sum,
     El bozzolo se strenze in forma d'O,
     Duro el pedante, e dreto come un I,
     Tosse, e dise a Mengon proprio cussì:
8Nonno, vorrei saper (no, mon ami,
     Sans façon, sans façon) chi fu il maestro,
     Onde imberbe apprendesti l'abbiccì?
     Chi primo di Sofia t'ispirò l'estro?
     La tua ragione rustica vagì,
     Balbetò a lungo, o fosti ab ovo destro
     Ne l'intellettual scuola onorata
     Onde il Socrate sei della brigata?
9A reficiarti l'anima assetata
     È qui Minerva a poppe gonfie accorsa?
     O la terra, da Saggi un dì abitata,
     Hai quinci e quindi ecclissando scorsa?
     Ch'io so che mesci epicurèa derrata
     All'acre di Zenon che i sensi immorsa,
     E stendi pitagorica vernice
     Sul To-Kalon che dal ciel Piato elice.
10Ma, gnaffè! c'è di più. La fama dice
     Cose di te che a stento creder posso;
     Tu non brami che ciò che bramar lice;
     Altrui cedi la polpa, e rodi l'osso.

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