Raccolta di proverbi veneti/Avvertenza

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Cristoforo PasqualigoRaccolta di proverbi veneti, Terza edizione, Treviso, Luigi Zoppelli editore, 1882

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AVVERTENZA
premessa alla seconda edizione del 1879



Questo volume contiene oltre cinquemila proverbi veneti autentici e genuini. Documenti storici della vita fisica, morale ed intellettuale di un popolo, non avrebbero pregio di sorte senza coteste due qualità. Chi li traduce da altri dialetti, o li inventa di suo capo, o spaccia per proverbi sentenze, che non furono tali mai, quegli è un falsario. — Certamente, in tal guisa questa Raccolta non poteva riuscire così ricca, come sono altre. Ma ella è contenta di poter dire: «Xe megio andar in paradiso strazza, che no a l'inferno in abito ricamà» . E il paradiso suo sarà la stima di coloro che amano il vero, e cercano di conoscere questa umana natura quale essa è realmente, non quale ce la figurò fino ad ora la nostra fantasia allucinatrice. A questa conoscenza di grande aiuto sono le vetustissime e sempre vive tradizioni popolari, che ora si raccolgono e si illustrano in ogni paese.

Persuaso di ciò, e convinto dalla esperienza della verità che è riposta ne' proverbi, anche quando paion più sciocchi e fallaci, come io tornai nel Veneto (d'onde ero partito per la guerra del 1859), ripigliai a registrare [p. 2 modifica]i nuovi che mi accadeva di udire. Ma fu soltanto tre anni fa che io fermai l'animo a ripubblicare la mia Raccolta in modo che fosse meno incompleta e più corrispondente al suo titolo. Perciò io mi rivolsi a quante più persone potei perchè mi aiutassero all'uopo, e specialmente in quelle provincie che avevo lasciate fuori quando compilavo la prima edizione.

Ecco gli onorevoli nomi di coloro, che, accogliendo di buon grado la mia preghiera, più contribuirono ad arricchire questo volume. Il Dott. Attilio Riva di Verona, mi diede nuovi proverbi di quella provincia1. Il medico Dottor Pietro Pagello di Belluno, i bellunesi e i cadorini. — Di questi ultimi alcuni ebbi dal Signor Carlo Gei di Venas. — Don Francesco Tommasi, già professore nel Seminario di Ceneda, ed ora arciprete di S. Polo di Piave, man mano che ricevea da me le bozze di stampa, vi aggiungeva i feltrini, che avea già raccolti a Lentiai, e parecchi dell'alto Trevisano, con avvertenze sul significato e sulla applicazione pratica di essi. — Il Dott. Professor Francesco nob. Bocchi di Adria, quelli del Polesine. — Il sig. Girolamo Paoletti, me ne raccolse in Miane molti dell'Alto Trevisano. — Dal sig. Domenico Giuseppe Bernoni n'ebbi una settantina di veneziani. — Don Andrea Capparozzo, bibliotecario della Bertoliana di Vicenza, me ne mandò alcuni di colà, dandomi anche agio di consultare il dizionario inedito del Dott. Andrea Alverà. — Il sig. Pacifico Scomazzetto, farmacista di Asolo ed archeologo menzionato con lode dal Mommsen, me ne spedì parecchi di quel luogo. — Il sig. Augusto Pajetta di Vittorio, accrebbe il numero dei bellunesi e trevisani. — I proverbi del Trentino mi erano [p. 3 modifica]stati mandati fino dal 1858 dal sig. Antonio Emmerti di Trento, e dal Dott. G. B. Baruffaldi di Riva.

Ad essi ed alle altre persone amiche, le quali coadiuvarono loro e me, rendo qui le migliori grazie ch'io posso per la gentilezza e premura con cui mi porsero la loro intelligente cooperazione. Ringrazio del pari il Dottor Ferdinando Coletti, professore nella R. Università di Padova,2 e il Dottor Francesco Luigi Fanzago per avermi favoriti i manoscritti lasciati dal compianto Dottor Filippo Fanzago (rapito in fresca età alle lettere ed alla sua città nativa, di cui era egregio ornamento), nei quali erano i proverbi da lui e dal Coletti raccolti in Padova, e dai loro amici il Co: Agostino Sagredo di Venezia, Jacopo Cabianca e Bartolomeo Bressan di Vicenza. Io ne trassi oltre un centinaio che inserii nei quattro ultimi fogli di questo volume e nell'Appendice. In quei manoscritti oltre ai proverbi, vi sono molti modi di dire che saranno utilissimi a chi si accingerà a fare il Vocabolario Veneto, che ancor si desidera.

Il Lettore troverà di continuo citate le Dieci Tavole e vorrà saperne qualche cosa. Erano dieci larghi fogli, stampati nel principio del secolo XVI (dopo il 1509, perchè v'è ricordata la Lega di Cambrai), ognuno dei quali conteneva circa 150 proverbi, detti, frasi e modi di dire, in lingua veneziana quasi tutti. Vi erano frammisti alcuni proverbi greci e toscani, qualche lombardo e napoletano, due francesi, due spagnuoli, uno pugliese, uno marchigiano: vera imagine della popolazione di Venezia nel cinquecento, composta di gente di ogni paese, quà convenuta per amore de' traffici, delle arti e della libertà. Ebbero tosto una fortuna straordinaria: furono ristampate quelle Tavole, in forma di volumetto, a Roma, a Torino nel 1535, di nuovo a Roma nel 1536 e altrove più volte. Delle prime ristampe io [p. 4 modifica]vidi soltanto quella dì Torino, della quale la Marciana conserva due esemplari. È un volumetto in ottavo piccolo di 36 carte, a due colonne, con questo titolo: Opera quale con-|tiene le Dieci Tavole de prover-|bi, Sententie, Detti, et modi di parlare che hoggi da tutt'ho-|mo nel comun parlare d'I-|talia si usano: Molto utili | et nei a tutti quel-|li gentili Spi-|riti, che | di copioso et orna-|tamente ragiona-|re procacciano, M.D.XXXV. — In fine ; Stampate in Tu|-rino per Martino Cravotto, et soi compagni, la instantia de Jacobino Dolce alias Cunì, nel anno M.D.XXXV. a di 30 de Avosto. — Nel verso della prima carta sono le due ottave che il Gotti ristampò (nella lettera che serve di prefazione alla Aggiunta ai Proverbi Toscani, 1855) togliendole dalla edizione romana del 36. Nella carta seconda si legge:

« Ali Lettori. Ragionevole cossa è, gientil lettori, che le cose quanto sono più degne tanto più sieno appreciate. Per il che considerando noi di quanto honore et utile siano le infrascritte Tavole delli prozie verbii et sententie agli animi virtuosi; e pensato il disagio che sarebbe a chi volesse farsi familiar de sopradetti Proverbii et sententie, a portarli in Tavole come prima erano impressi; per satisfar a li inamorati delle virtù (non senza nostro grande fastidio) quelle grande Tavole in questa piccola forma, seguente de l'ordine di l'alfabeto (come potrai vedere) abbiamo tradotte e ristampate, togliendo tutti li proverbii et sententie per littera A, B, C, D etc. Tanto della prima, quanto della seconda et terza in sino alla decima, distintamente però, a ciò che dalla politeza invitati, in leggier questi detti sentenziosi, con li quali il vostro parlar arrichir potete, gli animi vostri più si dilettino; possendo sopra di voi a modo d' un familiare officio agiatamente portarlo. Valete.»

I proverbi veneti contenuti in queste Tavole sono [p. 5 modifica]circa trecento; e, di questi, appena un cento furon nuovi per me. A quasi tutti, però, notai che appartenevano ad esse, perchè al Lettore fosse presente la antichità loro; che, mentre tante cose cambiarono e cambiano intorno a noi, rimangono per secoli nella memoria degli uomini, dando loro utili avvertimenti e consigli per tutte le contingenze della vita; e conservando la forma primitiva e le antiche parole, alcune delle quali, perdute nell'uso, non si trovano più che in essi. E questa ultima dovrebb'essere una ragione di più perchè i nostri filologi s'adoprassero a raccoglierne, specialmente fra le popolazioni rustiche, in ogni parte d'Italia.

Io intanto proseguirò nelle mie ricerche, sperando che vogliono fare altrettanto i miei amici, affinchè questa Raccolta riesca sempre più completa e degna del buono, accorto e ingegnoso popolo Veneto.




Cristoforo Pasqualigo



Note
  1. Povero Attilio! morto, a 24 anni, la notte del 18 maggio 1877, affogato nella Laguna per improvviso malore. Nessuna morte di giovane vidi mai pianta così da tutti, come la sua. Era una perla di bontà e di ingegno. Studiosissimo, aveva peregrine attitudini letterarie. A chi gli chiedeva perchè non pubblicasse, anche lui, qualche scritto, rispondeva sorridendo: prima di volare, bisogna fare le ali.
  2. Defunto, con generale cordoglio, nel Marzo 1881.
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