Pagina:Trieste vernacola.djvu/8

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negò bruscamente la friulanità dell'antico dialetto triestino, ingiustamente accusando il Mainati. Ma se nello scrivere le «Cronache di Trieste» il prete Mainati fu un plagiario, non per questo è lecito accusarlo di aver inventato un dialetto che non esisteva. Nella prefazione ai suoi Dialoghi, pubblicati nel 1828, egli avverte espressamente di aver voluto conservare almeno in parte la memoria di un dialetto che andava ad estinguersi e la conoscenza del quale poteva per avventura in più di un caso tornare vantaggiosa.

Certo, a primo aspetto, quel vernacolo appare molto differente da quello che si parla oggi a Trieste; ma non è solamente il dialetto triestino che subisce sensibilmente l'evoluzione del tempo. L'illustre glottologo Graziadio Ascoli afferma che «anche il linguaggio antico della città di Venezia era diverso non poco dal moderno e n'era in ispecie ben sentita la vena ladina1». E del resto, per convincersene, basterebbe confrontare il veneziano del Veniero, del Querini, del Baffo, con quello del Goldoni, e quello del Goldoni col vernacolo adoperato dal Selvatico

  1. G. I. Ascoli: L'Italia dialettale. Tomo I dell'«Archìvio glottologico». Saggi ladini, § 4 (Ermanno Loescher, 1873).
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