Pagina:Poesie e satire di Pietro Buratti veneziano.pdf/111

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Per la gloria di sedere
     Fra quei celebri campioni
     Che gli leccano il messere
     Ed àn fama di scrocconi?
Vil poeta da palazzo
     Me quel giorno battezzare,
     Con orribile strapazzo
     Per desio di crapulare?
O per sciocca ambizione
     Di far plauso, compro vate,
     Al magnifico fiascone
     Di quell'Unghero Magnate?
L'empia accusa ben s'addice
     Al carnefice di Corte
     Che si reputa felice
     Se può dare all'uom la morte.
Ma per Dio che morte nulla
     Dall'oltraggio a me ridonda,
     Pera ognun che si trastulla
     Coll'onor di quella fronda.
Mai di laude io m'ebbi intoppo
     Bianco al bianco, e nero al nero
     Detto ho sempre e son pur troppo
     Or già in culo al mondo intero.
Taccia dunque la maledica
     Lingua impura del Sicario,
     È compito della predica
     Questo esordio necessario.
Si discuta e ben si ponderi 1
     Come giudice imparziale,
     Dove el torto più preponderi,
     Or che siamo in carnovale,

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