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Pagina:Le Rime Veneziane e Il Minuetto.djvu/14

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Brutti versi, non vi pare? E pure, allora consolavano i miei ozi, e bastavano anche i miei desideri e i miei giudizi. In fin de' conti, tornavano, le rime c'erano, non belle e peregrine, in verità, ma c'erano; che cosa dovevo io chiedere di più alla mia musa? Quella robetta mi sembrava poesia, e in questa opinione mi confortava il fatto di vederla stampata in un foglio di allora: Sior Tonin Bonagrazia.

Oh i bei giorni eran quelli! io aspettavo con ansia la domenica mattina per vedere il parto laborioso della mia fantasia ammiccarmi dalle colonne del piccol giornale; e, strana illusion della stampa! trovavo i miei versi più belli e più degni di prima. Quanto dolore se, a caso, mi saltava all'occhio un errore tipografico! Parevami dovesse ciascuno crederlo error del poeta, e mi affrettava a darne notizia agli amici, e a corregger le copie che mi capitavan fra mano. A poco a poco, con l'andar del tempo e con lo spuntare de' primi peli sul viso, cominciarono i superbi fastidi del giovinetto e gli esaltamenti di amore. La Miseria stabile della saccoccia non ispirò più il mio core ricco di affetti, le brume dell'Inverno ed i ghiacci dileguarono e si sciolsero ai raggi dell'amor mio. E cantai ne' versi tisicuzzi tutti fronzoli e bugiole la bella che mi faceva

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